
venerdì 17 settembre 2010
mercoledì 1 settembre 2010
oggi, la scuola
oggi inizia la scuola per i tanti amici e colleghi precari, per una gioventù che si "allaccia, sbanda a povere mete" per colpa di una visione economicistica di ciò che non può essere interpretato del tutto come 'rapporto di lavoro' o come 'spesa pubblica'.
la scuola nel nostro sud è qualcosa di più, è stata per tanti una prima occasione di ingresso nel mondo del lavoro, l'occasione spirituale di mettere alla prova le proprie conoscenze maturate attraverso il rapporto esistenziale con l'alunno, con il nostro passato prossimo che bussa tante volte alle porte dei nostri sogni.
insegnare per la mia generazione ha significato materializzare gli impulsi positivi maturati sui banchi di scuola, ha significato concretizzare una precisa acquisizione del pensiero: FARE MEGLIO DEI NOSTRI INSEGNANTI, FARE DI PIU', UMANIZZARE LA TRASMISSIONE DI CONTENUTI!
come si fa a spiegare questo al governo, a tremonti? come si fa a spiegare che un insegnante precario di 35 anni al quale per un gioco tragico di tagli è venuto meno il contratto a tempo determinato è un uomo svilito, mortificato, ferito... finito?
come si fa a spiegare ad un alunno diversamente abile che il proprio insegnante di sostegno è stato 'eliminato', che le ore da 18 sono passate a 9, che il futuro è ancora più incerto, che lo svantaggio sociale si allarga come un fosso?
come si fa?
....................... forse è impossibile farlo quando le orecchie sono chiuse, quando 'i conti' prendono il sopravvento sui deboli mentre gli sfascisti, gli evasori si permettono il lusso di far studiare i propri figli nelle scuole private.
si scontrano, in fondo, due mondi opposti e nemici, si scontra la civiltà dello studio, del sacrificio, dell'impegno e del progresso sociale e la civiltà del taglio lineare, del risparmio fatto a scapito dei deboli, degli occhi chiusi sulle ferrari, sugli immobili di lusso di gioiellieri, dentisti ed avvocati che dichiarano al fisco redditi assimilabili a quelli del maestro elementare che 'viaggia' su una panda di 15 anni.
.................. di poche cose sono certo quanto del fatto che la collocazione sul 'fronte giusto' costituisca un destino ineluttabile per chi non si arrende alla deriva burocratica e tecnocratica della gestione del 'lavoro' e del 'lavoro insegnante' in particolare: il lavoro non è una merce qualunque e l'insegnamento dei saperi non è una voce del bilancio pubblico da 'snellire' e ridimensionare!
l'insegnamento è la fonte stessa dei saperi ed il suo esercizio è indispensabile al progresso spirituale di una nazione .... il dubbio atroce è che dello sviluppo spirituale non importi granchè ai nostri governanti ..... la materia conta, la solo materia sonante conta, soprattutto quella contenuta nelle solite tasche.
sabato 3 luglio 2010
Pascal e il dio vero
Pascal e il Dio nascosto
106. Ci sono due maniere di persuadere delle Verità della nostra religione: l'una, con la forza della ragione; l'altra, per mezzo dell'autorità di chi insegna.
Ci si serve non di quest'ultima, bensí della prima. Non si dice: “Bisogna credere questo, perché la Scrittura, che lo afferma, è divina”, ma che bisogna crederlo per la tale o tal altra ragione: tutti argomenti assai deboli, perché la ragione si lascia piegare per ogni verso.
107. Prefazione della seconda parte. Parlare di coloro che si sono occupati di questa materia.
Considero con stupore con quale ardire costoro si accingono a parlare di Dio. Rivolgendosi con i loro discorsi agli increduli, cominciano con il provare la divinità per mezzo delle opere della natura. Non stupirei del loro modo di procedere se rivolgessero i loro discorsi ai credenti, perché è certo [che coloro] che han viva la fede nel cuore vedono súbito che tutto quanto esiste è opera del Dio che adorano. Ma per coloro in cui quella luce è spenta, e si mira a farla rivivere, per quelle persone prive di fede e di grazia, che, pur impiegando tutta la loro intelligenza a cercare tutto quanto nella natura può condurli a tale conoscenza, ci trovano soltanto oscurità e tenebre; dir loro che basta guardarsi intorno per scorgere chiaramente in ogni minima cosa Dio, e addurre, per tutta prova di cosí grande e importante argomento, il corso della Luna e dei pianeti, e pretendere di aver con questo discorso assolto il proprio assunto, questo è dar loro motivo di credere che le prove della nostra religione sian molto deboli. E, infatti, ragionamento ed esperienza m'insegnano che nulla è piú atto a fargliela prendere in dispregio.
Non cosí parla delle cose di Dio la Sacra Scrittura, che pur le conosce molto meglio. Essa dice, anzi, che Dio è un Dio nascosto; e che, dopo la corruzione della natura, ha lasciato gli uomini in un accecamento da cui posson uscire solo per opera di Gesú Cristo: fuori del quale è impossibile ogni comunicazione con Dio: “Nemo novit Patrem, nisi Filius, et cui voluerit Filius revelare” [“Nessuno ha conosciuto il Padre se non il Figlio e colui a cui il Figlio ha voluto rivelarlo”] (Mt., XI, 27).
È quel che c'insegna la Scrittura, quando dice, in tanti luoghi, che coloro i quali cercano Dio lo trovano. Non si parla di una luce che sia come quella meridiana. Non si dice che coloro che cercano la luce in pieno meriggio o l'acqua nel mare la troveranno. Bisogna, dunque, che l'evidenza di Dio nella natura non sia di tal sorta. Cosí, la Scrittura dice altrove: “Vere tu es Deus absconditus” [“In vero tu sei un Dio nascosto”].
(B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 39-41)
sabato 19 giugno 2010
su Erik Peterson
Sto leggendo alcuni testi del teologo cattolico tedesco Erik Peterson, in particolare 'il monoteismo come problema politico' e 'testimoni della verità'.
la vita di questo uomo è stata travagliata sia spiritualmente che nella quotidianità: da protestante divenne cattolico, da ricco a povero, da antinazista divenne nemico della patria, costretto all'esilio.
cosa è che mi ha colpito davvero del suo pensiero?
nella sua risposta alla 'teologia politica' di Schmitt è vero, forse, che non centrò la questione a pieno, disconoscendo le motivazioni giuridiche e 'non valoriali' dell'analisi del giurista tedesco ma è pur vero, a mio parere, che Peterson riconobbe a pieno il pericolo per il cristianesimo che soggiace nel riconoscimento di una analogia 'sistematica' tra rapporti teologici cristiani e dottrine politiche.
................. in fondo è il pericolo già constatato da Kierkegaard, è il pericolo di imbrigliare la forza dirompente della fede nei legacci stretti del mondo... il rischio è quello di divinizzare la terra e la sua storia e di dimenticare la Speranza del Singolo, il suo rapporto con l'Eterno, aldilà di qualunque cultura, di qualunque ideologia, di qualunque pensiero politico attuale od inattuale.
in gioco, a mio parere, non c'è tanto il contrasto tra pensiero reazionario e rivoluzione, in gioco c'è il confronto tra autenticità religiosa e la sua 'scimmia': il cristianismo culturale e il suo potere mondano.
Disconoscere la possibilità stessa di una ‘teologia politica’ cristiana significa, per Peterson, non disconoscere il dato storico del ‘passaggio/trasformazione’ dei concetti teologici in concetti politici di dottrina dello stato … questo, infatti, è un dato realizzato, reale che si accompagna alle dinamiche generali di secolarizzazione e di mutamento delle sfere di interesse delle diverse epoche: dal teologico del ‘500 al naturalistico del ‘600, all’umanistico del ‘700, all’economico dell’800, al tecnico del ‘900 (volendo usare la terminologia tipica dell’analisi di Schmitt) ma significa, più profondamente, disconoscere il legame strutturale che esisterebbe tra cristianesimo e potere, tra fede e ‘giustificazione’ della situazione politica in essere.
Per Peterson, in sintesi, si tratta di ribadire, secondo l’insegnamento Kierkegaardiano, la differenza ‘radicale’ tra rapporti teologici (in primiis la ‘Trinità’) ed esperienze creaturali.
La misteriosa dinamica relazione trinitaria non trova riscontro in terra e, per ciò, lo stesso concetto di ‘monarchia divina’ – quale legame analogico esistente tra monoteismo e potere mondano – appare non solo insufficiente ma addirittura eretico, possibile solo in ambito giudaico (monoteistico) o pagano (politeistico) laddove, cioè, la ‘monarchia divina’ si appalesa possibile nei due estremi del rigido esclusivismo e del sistema burocratico funzionale.
Nulla di tutto questo è possibile nel cristianesimo… nessuna monarchia è possibile dove l’unità della natura si differenzia in tre persone unite dall’identità della volontà…. È il nucleo centrale di un ‘potere’ che non trova analogie in terra e che si può comprendere solo alla luce della fede e del mistero del dogma.
Ogni diverso tentativo culturale e politico sarebbe una forzatura, sarebbe un uso strumentale della religione, il tentativo di non lasciare – come dovrebbe essere – alla fede della creatura la parola ultima sulla storicità della Chiesa e del messaggio evangelico.
In fondo è l’umanissima paura del mistero che inquieta i cercatori di sicurezze mondane alla cui ombra riposare la tragicità di una fede e di una speranza paradossale e buia.
I fautori della ‘teologia politica’, secondo Peterson, sono i veri nemici della escatologia cristiana, del mistero delle ‘cose ultime’ e trovano più immediato e comprensibile riconoscere un ruolo di mediazione a forze storico politiche che, innanzi al dubbio, alle difficoltà, alle aporie, ai disastri del destino umano su questa terra, oppongano la forza di un kat’echon, la ‘forza frenante’ che ci salverebbe dall’anticristo, dal disordine, dall’anarchia………………… ma anche, ed è ciò che si nasconde per primo alla propria coscienza, che ci salverebbe, allontanandola, dall’epifania del Regno di Dio, dal ritorno definitivo di Cristo.
domenica 23 maggio 2010
Alice
martedì 23 febbraio 2010
di nuovo tu!
venerdì 24 luglio 2009
alcune frasi del teologo Bultmann
Tra i libri di Rudolf Bultmann disponibili in edizione italiana:
Storia ed escatologia - Bompiani 1962
Il cristianesimo primitivo nel quadro delle religioni antiche - Garzanti 1964
Nuovo testamento. Il manifesto della demitizzazione - Queriniana 1970
Nuovo testamento e mitologia - Queriniana 1970
Credere e comprendere - Queriniana 1977
Teologia del nuovo testamento - Queriniana 1985
lunedì 20 luglio 2009
ti aiuterò mio Dio
“Ti aiuterò, mio Dio, a non spegnerti dentro di me, ma non posso garantiriti niente in anticipo. Tuttavia una cosa mi appare con sempre maggiore chiarezza: non sei tu che puoi aiutarci, ma siamo noi che possiamo aiutare te e, facendo questo, aiutiamo noi stessi” (Diario di Etty Hillesum, 12.07.1942).
Le riflessioni di Etty Hillesum nei giorni in cui sperimenta il dolore più crudo: la persecuzione, il disprezzo sociale, l’abbandono e la morte dei vicini, non cedono al materialismo, alla accettazione del mondo e delle sue regole; Etty affronta la ‘sofferenza dei giusti’ aggrappandosi alla autenticità dei propri sentimenti e alla consolazione dello Spirito.
Nel dolore riscopre i volti di gente sconosciuta e nell’offrire speranza ed amore guarisce le proprie ferite – od almeno cerca di guarirle – e nel far ciò, in ultima analisi, salva il mondo, salva il suo tempo crudele (il tempo della persecuzione nazista in Olanda) e salva Dio.
Etty ci dice che Dio è con noi, soffre con noi e per noi; Egli è dentro di noi e noi in Lui e partecipiamo insieme alla storia della salvezza. Allo stesso modo in cui noi abbiamo bisogno di Lui, Egli ha bisogno di noi (e questo è un pensiero ‘forte’ che ci ricorda – pur in altro ambiente ed in altro tempo – le riflessioni di Heschel); siamo interdipendenti nonostante l’abissale differenza qualitativa che c’è tra Creatore e creatura, l’enorme differenza qualitativa che sussiste tra il tempo dell’uomo ed il tempo di Dio.
Questa vicinanza esistenziale e questa lontananza siderale racchiudono il mistero della vita umana. La Hillesum ci racconta di un Dio che va ricercato e agognato e al quale bisogna appellarsi non per ottenere favori o grazie ma esclusivamente per salvare ‘spiritualmente’ se stessi, per salvare l’umanità dalla rovina che è insita nell’abbandono di Dio, nella sua sepoltura.
In tal senso, il divino si veste delle fattezze dell’autentico: scoprire Dio nella propria vita significa, in breve, liberare la propria veridicità, la relazione, il contatto, l’alterità che mette alla prova la nostra autosufficienza.
Rinunciare a Dio, decidere scientemente di allontanarlo dalla propria esistenza significa, quindi, rinunciare a scandagliare le proprie profondità, significa accontentarsi di soluzioni semplici all’enigma uomo, significa compiacersi di risposte materialistiche e naturalistiche e di un destino di buio che ha la capacità annichilente di travolgere nel ‘non sense’ tutte le nostre azioni, tutti i nostri amori e sacrifici.
Quando ci si accontenta di se stessi, il singolo dimentica l’intima coessenzialità della relazione con l’altro (sia esso il prossimo o Dio) e tenta la strada dell’autosufficienza, della autonoma e affrancata posizione di valori e sensi (così nella vita quotidiana dei sentimenti come nella riflessione filosofica e cosmologica).
Se ciò, all’inizio, può soddisfare l’ego, in seguito - innanzi alla debolezza e alla fallacia del tempo dell’esistenza – il singolo attento e mai pago di domande e di approdi scopre facilmente la friabilità di ogni autonomia umana; autonomia razionale destinata a cadere nel buco nero della morte e dell’annientamento materiale.
Dinanzi al brivido della solitudine, il singolo degenera spiritualmente e se non è capace di abbandono (‘non tutto possiamo, e più della forza può l’abbandono’), di umiltà e di desiderio di amore e di relazione nonostante tutto - nonostante le prove scientifiche, nonostante gli esperimenti che atomizzano e che semplificano ciò che è eternamente complesso - rischia di mutilare definitivamente se stesso, di rinunciare a qualsiasi lotta e sogno e a delegare a strutture tecniche, disumane e tranquillizzanti: ‘il mercato e la società dei consumi’ la capacità di porre indirizzi, di stimolare sogni.
Etty, ancora, mi sprona a queste riflessioni:
C’è in me Dio, ma raggiungerlo è ostico come risolvere l’enigma uomo; Dio è sepolto, l’uomo è sepolto, la verità stessa è sepolta.
Ma, forse, si può vivere la Fede anche in questa oscurità, anzi senza questo buio, questa mancanza dei certezze umane, non ci sarebbe Fede autentica, non ci sarebbe speranza ed abbandono.
Il Dio dei nostri tempi, il Dio che la rivelazione in fieri che accompagnerà l’uomo fino alla fine del mondo, ci fa intuire nel tempo nostro, non può essere solo un ‘Dio tappabuchi’ (il dio della religione classica così tratteggiato da Bonhoeffer), un dio pagano, cioè, al quale ricorriamo per sistemare le cose come ad un orologiaio in possesso di una scienza esatta.
Lo stesso concetto di Provvidenza va ridiscusso, la Provvidenza divina si realizza nel mondo in forme e sensi a noi non comprensibili se non nelle manifestazioni esteriori … è vero che ‘a chi bussa sarà aperto’ ma cosa significa veramente bussare alle porte del divino? E che cosa significa soddisfare autenticamente e, quindi, per l’eternità, la nostra richiesta d’aiuto?
Se non si ‘codificasse’, insomma, una certa ‘impotenza umana di Dio’, una sua ‘umiltà dell’intervento’ (umiltà divina che è il centro del mistero per F. Varillon), non si riuscirebbe a far fronte teologicamente e spiritualmente al dramma delle preghiere non esaudite, alla sofferenza dei giusti, al male nel mondo.
Forse, Dio può fare poco per noi in questa vita da un punto di vista materiale, probabilmente il suo intervento - sempre bramato e auspicato - sarà disatteso nelle vite di molti di noi … e saremo chiamati a custodire la Fede nonostante il silenzio.
In tal senso, il compito dei credenti postmoderni è quello di impegnarsi in un compito abissale: cercare le radici nascoste di Dio dentro noi stessi, scoprire che se abbandoniamo la scintilla di Dio ci ritroviamo più soli, senza speranze, mutili spiritualmente e deboli moralmente.
Senza Dio, senza l’aspettativa di senso, non c’è amore possibile, non c’è forza talmente potente da resistere alle sferzate della caducità, della fatica della esistenza.
Di fronte al silenzio di Dio, al potenziarsi della autonomia della ragione, lo ‘Spirito umano moderno’ ha creduto di poter fare a meno di Cristo e di poterlo sostituire con nuovi idoli, né più né meno di come l’Occidente ha già fatto con i signori dell’Olimpo.
I nuovi idoli sono stati: la scienza esatta, il ragionamento logico, l’idea di verità quale certezza degli enti, il dogma della riproducibilità dell’esperimento quale garanzia di certezza, l’ideologia politica storicista e progressiva… in sintesi, l’io umano ha ‘detronizzato’ finalmente Dio, Prometeo ha creduto di conquistare l’Olimpo; ma quali sono state le conseguenze della maturità raggiunta? L’ansia di riduzione dell’enigma uomo ad una formula semplice e scientificamente valida ha portato il singolo a rinnegare le proprie pulsioni di socializzazione di base (il rapporto con il Padre in primis), comprese quelle spirituali, e a cercare forzosamente di scordare il senso di insoddisfazione che accompagna ogni passo del Mängelwesen (dell’essere naturale difettoso - che egli è - secondo la celebre definizione di A. Gehlen); si è cercato, così, di sostituire le mancate evidenze trascendenti con nuove certezze più prossime, più umane ma il tutto ha cozzato con guerre fratricide, ideologie assolutistiche, partitocrazie autocefale e morte.
La stessa morale, privata dell’origine trascendente e misteriosa di ogni legge, di ogni richiesta divina, è diventata o formalismo giuridico o libertinismo vitalistico e senza speranza.
Cercare un po’ di Dio in noi significa - in un ottica non di potenza e, quindi, in un’ottica mistica e spirituale - cercare l’amore (la relazione, il confronto, la compassione e la speranza) nonostante il mondo cerchi di depravarci, di immiserirci nell’assenza di sogni; in tal senso ‘Amore’ significa anche commozione, spirito, autenticità umana, interdipendenza delle vite, amicizia, aiuto reciproco.
Il nostro tempo non può darci molto, lo stesso Dio non può aiutarci come vorremmo; il perché Egli non intervenga innanzi a tanto male è il vero mistero della Fede, più grande dell’incarnazione e della resurrezione … Egli - si sa - vuole qualcosa da noi, vuole che desideriamo il suo Regno, che non lo dimentichiamo nonostante tutto, nonostante il mondo.
Ecco – secondo l’intuizione di Etty - il nostro compito: salvare Dio, salvarlo prima dentro di noi e poi nel mondo, ricordare agli uomini che la speranza è ancora possibile, che tutto non si riduce nel gioco degli interessi ideologici o economici, che il miracolo della vita grida vendetta di fronte alla nostra società materialistica.
È chiaro che Dio si appella alla nostra forza e alla nostra Fede, lo fa con il silenzio ma anche attraverso l’illuminazione spirituale e poetica che tutti siamo chiamati a coltivare nella nostra vita.
In sintesi, siamo chiamati a non arrenderci al quotidiano, a sognare e ricercare ‘altro’ oltre il predominio e la ricchezza. Ognuno ha la sua strada, ma credo che, in ultimo, quando lo iato tra i tempi sarà colmato, Cristo ci chiederà ragione dei nostri talenti, del dono della vita e il suo metro di giudizio non sarà il metro umano ma quello delle Beatitudini, il metro ‘non esatto’ dell’amore, dell’ amore amato … nonostante tutto!
domenica 19 luglio 2009
una critica (positiva) su "Ipotesi su Gesù" di Messori
il pungolo
dopo tanta pace e morte,
eccolo il dolore di Cristo..
il pungolo della zanzara di dio...
e non c'èpiù pace.
e davvero, forse, tutto finirà...
nulla tornerà di questo quotidiano
che pesa, che tace.
***
sei piegato su di me, mi stringi forte
come un cappio al collo,
e non ho più respiro,
non ho più controllo....
***
tragico, doloroso, fiorisce il Bene;
come una piaga sanguina il pensiero ...
ed eccoli i petali assurdi del dubbio:
"e se davvero tutto finisse nelle braccia del figlio?"
la caccia
perchè non mi abbandoni
a questo tempo, a questo mondo?
ferisci la materia di queste mie membra
con le membra ferite di tuo figlio.....
..... senza parole, senza sentenze, senza prigione.....
con la persecuzione sorda d'una pietà che allarma,
d'una caccia all'inverso
dove l'animale insegue l'uomo ed il suo fucile armato......
"fino al temine d'ogni fuga
alle radici dolorose del cuore
fino all'insensato cadere d'ogni pretesa,
d'ogni ragione".
lunedì 1 giugno 2009
consonanza
passa per il silenzio degli occhi abbandonati
su questa mia odierna pace e trascuranza,
in essa tutto si dissolve
e la casa non è più ritorno,
gli affetti non più partenza,
e tu più che amore:
sole.
attesa
questo presente sarà la nostra preistoria
guarderemo indietro ad un tempo senza ruota
ad un fuoco che non brucia
mercoledì 15 aprile 2009
°°° °°°
il giorno dopo e dopo ancora
tormentare l'anima con il buio.
lo so da oggi - pesce d'aprile
assassino d'amore e muto di vendetta -
lo so da quando - dentro il cuore -
il tuo nome ha generato figli
bellissimi che adorano il padre
e il padre - non più innocente -
s'avvinghia al passato.
giovedì 19 febbraio 2009
cavallo pazzo. un omaggio a Beppino ed Eluana Englaro
ora si può spergiurare, si può essere "per la vita",
tu non volevi è certo, lui, forse, t'avrebbe tenuta con sè,
padre uguale agli altri fino in fondo.
ma Beppino t l'ha promesso
e ha legato il suo cuore al tuo rispetto.
Oggi tutto è vecchio e tu, forse, vivi di nuovo,
più simile alle foto dei tuoi vent'anni,
più libera ancora.
"grazie papà", mi viene da dire
e la mia voce vuole contenere la tua,
vuole essere come un cavallo pazzo:
"niente mani più addosso",
diritto in corsa verso l'eterno,
non più in attesa del Padre.
non è pioggia, non è pianto,
è il destino delle cose, delle illuse
realtà del tempo,
........."solo ciò che è fermo rimane,
ciò che dura resiste".........
chiamalo pure 'Amore', amore mio;
io dico: la vera vita
....... dove io chi sono? Niente!
........ ed è vero solo ciò che si sente!
l'unjco reale
perchè non sempre penso a noi:
m'affolla la mente il mondo oscuro
e tra le illusioni delle cose
dimentico l'unico reale:
il mio folle amore, il cuore
Cesare Pavese, verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
domenica 1 febbraio 2009
aeronautica
comparve di sotto
ma superiore a noi - in volo - e più alta ...
senza uomini la terra umile
ha qualcosa di silenzioso
e non è pace ...
era scritto sin dalle origini
sulle pareti delle rocce e
sotto i letti dei fiumi:
' la bellezza è sempre per qualcuno'.
domenica 25 gennaio 2009
*** *** ***
-"ancora manca la ricetta della felicità"-
io aspetto che tu torni dall'urgenza dei miei affanni
per domandarti ancora più cure!
a letto ci voglio stare solo con te,
guariremo le ferite coi baci notturni
e il sonno farà il resto di noi:
farà di te una sposa
e di me il bimbo che ti sono
al seno.
ad una finestra
stessi alberi nel profondo degli occhi,
da sempre.
fantasia di immutabilità!!
fantasie di uomini veri e di premi divini.
anche i morti, a noi folli, ci raccontano le loro giornate:
hanno gli stessi panorami nostri,
le stesse sofferenze mute,
gli stessi occhi appesi ad asciugare,
con cui s'inventano la nostra vita.
giorno - da candidato - al seggio elettorale
tempo speso per il futuro dei figli
ancora da venire.
ideali da spenderci la vita ed il sonno.
guardo una bella amica ammirarmi .....
.... mi vuole in parlamento!
.. ma io ... perderò alla circoscrizione
e vincerò il suo cuore.
presenza, assenza
cielo e terra insieme,
senza misteri;
solo sentieri nascosti
chiusi alla vista, più veri.