mercoledì 20 luglio 2011

Emil Fackenheim

Tiqqun

ho da poco finito di leggere il bel libro di emil fackenheim intitolato tiqqun, ossia la riparazione ... la necessaria quanto (im)possibile 'riparazione' del mondo dopo l'olocausto.

il testo è dei primi anni '80 e nel 2010 è stato riedito dalla Medusa.

per fackenheim l'olocausto non rappresenta semplicemente un episodio storico, un evento terribile ma travolto dallo scorrere del tempo; egli assegna all'olocausto un ruolo ontologico, o meglio, il ruolo di rottura dell'ordine dell'essere.

proprio per questa caratteristica di 'assoluto' lo sterminio degli ebrei non può essere colto dall'analisi metafisica nè da quella teologica, anzi ne costituisce il limite, il confine invalicabile e la totale messa in discussione.

l'autore si sofferma sulla possibilità di una filosofia e di una teologia dopo la shoah ... la risposta non è chiara e ciò volutamente in quanto ancora oggi tale possibilità consiste in un compito non assolto con gli strumenti migliori.

la tesi della arendt, per esempio, rischia di sacrificare sull'altare della 'banalità del male' la crudeltà coessenziale degli uomini normali, degli idealisti convinti di adempiere all'imperativo categorico mentre si affogano bimbi in una vasca.

in effetti, ciò che colpisce nell'analisi del filosofo ebreo è la lucida analisi antropologica ... non è vero che solo il bene può compiere cose grandi e per ciò non banali... anche il male può giungere a vertici abissali ed estremi di grandezza inconcepibile!!!

tutto questo interroga gli uomini, tutti gli uomini, ebrei, cristiani e laici e li inchioda a ciò che è avvenuto e che, quindi, può ripetersi ancora ed ancora.....

proprio il valore di erignis, dell' appalesarsi di un 'mondo altro' rispetto a ciò cui eravamo abituati fa dell'olocausto una rottura nella trama dell'essere, un suo nuovo corso che tutto piega, soprattutto la riflessione filosofica e teologica, e tutto interroga.

a tale domanda non c'è risposta facile, lo stesso fackenheim insiste nel concentrarsi sull'assurdo che si è realizzato, sulla violazione dell'idea di uomo, più che sulla fase ricostruente.

ciò che brilla è il tiqqun già tentato (e,forse,realizzato) dalle vittime nel corso stesso della 'rottura': gli ebrei del ghetto di varsavia, gli studenti della rosa bianca, bonhoeffer e i tanti nei campi di concentramento che resistettero alla loro trasformazione in muselmanner.

forse il tiqqun si è imposto grazie alle vittime stesse, forse solo loro furono capaci di ciò che oggi è un azzardo: dare speranza ad un mondo violato, ad un uomo svilito.

quale parola, infatti, può attribuirsi senso innanzi al baratro di ciò che accadde?
chi può oggi legittimare se stesso come uomo di fronte alla morte dei bombi strappati alle madri e cacciati vivi a forza nei forni crematori?