sabato 19 giugno 2010

Erik Peterson

su Erik Peterson

Sto leggendo alcuni testi del teologo cattolico tedesco Erik Peterson, in particolare 'il monoteismo come problema politico' e 'testimoni della verità'.

la vita di questo uomo è stata travagliata sia spiritualmente che nella quotidianità: da protestante divenne cattolico, da ricco a povero, da antinazista divenne nemico della patria, costretto all'esilio.

cosa è che mi ha colpito davvero del suo pensiero?

nella sua risposta alla 'teologia politica' di Schmitt è vero, forse, che non centrò la questione a pieno, disconoscendo le motivazioni giuridiche e 'non valoriali' dell'analisi del giurista tedesco ma è pur vero, a mio parere, che Peterson riconobbe a pieno il pericolo per il cristianesimo che soggiace nel riconoscimento di una analogia 'sistematica' tra rapporti teologici cristiani e dottrine politiche.

................. in fondo è il pericolo già constatato da Kierkegaard, è il pericolo di imbrigliare la forza dirompente della fede nei legacci stretti del mondo... il rischio è quello di divinizzare la terra e la sua storia e di dimenticare la Speranza del Singolo, il suo rapporto con l'Eterno, aldilà di qualunque cultura, di qualunque ideologia, di qualunque pensiero politico attuale od inattuale.

in gioco, a mio parere, non c'è tanto il contrasto tra pensiero reazionario e rivoluzione, in gioco c'è il confronto tra autenticità religiosa e la sua 'scimmia': il cristianismo culturale e il suo potere mondano.

Disconoscere la possibilità stessa di una ‘teologia politica’ cristiana significa, per Peterson, non disconoscere il dato storico del ‘passaggio/trasformazione’ dei concetti teologici in concetti politici di dottrina dello stato … questo, infatti, è un dato realizzato, reale che si accompagna alle dinamiche generali di secolarizzazione e di mutamento delle sfere di interesse delle diverse epoche: dal teologico del ‘500 al naturalistico del ‘600, all’umanistico del ‘700, all’economico dell’800, al tecnico del ‘900 (volendo usare la terminologia tipica dell’analisi di Schmitt) ma significa, più profondamente, disconoscere il legame strutturale che esisterebbe tra cristianesimo e potere, tra fede e ‘giustificazione’ della situazione politica in essere.

Per Peterson, in sintesi, si tratta di ribadire, secondo l’insegnamento Kierkegaardiano, la differenza ‘radicale’ tra rapporti teologici (in primiis la ‘Trinità’) ed esperienze creaturali.

La misteriosa dinamica relazione trinitaria non trova riscontro in terra e, per ciò, lo stesso concetto di ‘monarchia divina’ – quale legame analogico esistente tra monoteismo e potere mondano – appare non solo insufficiente ma addirittura eretico, possibile solo in ambito giudaico (monoteistico) o pagano (politeistico) laddove, cioè, la ‘monarchia divina’ si appalesa possibile nei due estremi del rigido esclusivismo e del sistema burocratico funzionale.

Nulla di tutto questo è possibile nel cristianesimo… nessuna monarchia è possibile dove l’unità della natura si differenzia in tre persone unite dall’identità della volontà…. È il nucleo centrale di un ‘potere’ che non trova analogie in terra e che si può comprendere solo alla luce della fede e del mistero del dogma.

Ogni diverso tentativo culturale e politico sarebbe una forzatura, sarebbe un uso strumentale della religione, il tentativo di non lasciare – come dovrebbe essere – alla fede della creatura la parola ultima sulla storicità della Chiesa e del messaggio evangelico.

In fondo è l’umanissima paura del mistero che inquieta i cercatori di sicurezze mondane alla cui ombra riposare la tragicità di una fede e di una speranza paradossale e buia.

I fautori della ‘teologia politica’, secondo Peterson, sono i veri nemici della escatologia cristiana, del mistero delle ‘cose ultime’ e trovano più immediato e comprensibile riconoscere un ruolo di mediazione a forze storico politiche che, innanzi al dubbio, alle difficoltà, alle aporie, ai disastri del destino umano su questa terra, oppongano la forza di un kat’echon, la ‘forza frenante’ che ci salverebbe dall’anticristo, dal disordine, dall’anarchia………………… ma anche, ed è ciò che si nasconde per primo alla propria coscienza, che ci salverebbe, allontanandola, dall’epifania del Regno di Dio, dal ritorno definitivo di Cristo.