GLI APPELLI E I MANIFESTI DELLA
SINISTRA
ALLA PROVA DEL COVID-19
Si
susseguono gli appelli, con invito alla sottoscrizione, nell’estrema Sinistra.
I
più importanti sono quelli di Potere al Popolo (https://poterealpopolo.org/no-attacco-diritto-di-sciopero/)
e quello de Il Manifesto (https://ilmanifesto.it/appello-basta-con-gli-agguati/).
È
giusto sia così! Gli intellettuali, ma non solo loro, attraverso queste prese
di posizione collettiva esprimono, spesso, feconde riflessioni capaci di
interrogare il Paese, soprattutto in temperie straordinarie come quella in
corso.
Un’
eccezione (non dichiarata da alcuno ma
subita come evento) che “provoca” libertà e giustizia nell’articolazione delle
risposte d’Autorità.
Come
discriminare, però, tra i diversi appelli?
Mi
sembra, sul punto, di poter indicare una profonda differenza che si scorge, ad
esempio, proprio tra i due “manifesti” su indicati: per me lo spartiacque è
l’ideologismo, il tentativo, cioè, di piegare la realtà alle proprie posizioni,
senza alcuna aderenza all’attualità.
Con
questo metro si può ben distinguere sull’efficacia o meno, sulla bontà o meno, di un invito alla sottoscrizione e all’impegno
comune nel dibattito pubblico che, come tale, ha senso solo se funziona da sismografo di ciò che si muove nel
profondo delle dinamiche di potere, magari denunciandone i gravi pericoli.
Altrimenti,
l’invito e l’appello divengono, come la denuncia di maniera, solo sterile
occasione di visibilità per gruppuscoli che si muovono solitamente ai margini
del consesso civile.
Mi
domando, si può sottoscrivere oggi un invito, una segnalazione collettiva,
contro un Governo, quello italiano, tacciato di negare in maniera autoritaria
il dissenso sindacale e di combattere il diritto di sciopero, concusso dalla
normativa Anti Covid? Così vorrebbe Potere al Popolo, ad esempio.
Questa
sottoscrizione, questa adesione, significherebbe aderire al comune sentire del
Paese e ai suoi bisogni effettivi di libertà e di lavoro? A me pare francamente
di no.
Il
diritto di sciopero, infatti, tutelato dall’art. 40 della Costituzione, non è stato
mai limitato dalla normativa emergenziale.
Come
è noto, scioperare significa astenersi dal lavoro senza ricorrere agli istituti
contrattuali normalmente giustificativi dell’assenza, per rivendicazioni - anche
politiche - che comporteranno, con l’allontanamento dal posto di lavoro, la
decurtazione stipendiale per la rottura temporanea del sinallagma contrattuale.
Questo
significa scioperare, lotta e sacrificio che i sindacati potrebbero ben
azionare in molti settori anche oggi, magari, ovviamente, senza manifestazioni
oceaniche come prosieguo, senza assembramenti.
Ciò
non significa, però, senza efficacia e lo hanno dimostrato, da ultimo, anche
gli imprenditori del settore turistico che, nei giorni scorsi, a Roma e non
solo, con forme “distanziate” di protesta, hanno comunque raggiunto un
importante risonanza mediatica.
Perché,
di converso, non abbiamo visto finora i sindacati e i lavoratori in Piazza, a tutela,
ad esempio, della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro?
Perché
l’appello di Potere al Popolo si
limita a difendere l’indizione di uno Sciopero Generale di una sola sigla
sindacale minoritaria, vittima, a loro dire, dell’aggressione sanzionatoria
della Commissione di Garanzia?
Nel
merito, e fuor di ideologia, va ricordato, infatti, che i luoghi di lavoro, le
aziende italiane ad oggi aperte e riaperte e tutti coloro che da 18 Maggio opereranno
dopo il lungo stop, lo potranno fare -
in sicurezza e nella piena applicazione di regole efficaci contro il contagio -
sulla base non di linee guida governative, non in virtù di una Legge partorita
dalla Maggioranza parlamentare, né tantomeno grazie ad un famigerato DPCM del pericoloso totalitario avv. Giuseppe Conte, ma in virtù,
propriamente, di un Accordo Collettivo stipulato dalle Parti Sociali (http://www.flcgil.it/contratti/documenti/accordi-e-contratti-quadro-settori-privati/accordo-governo-organizzazioni-datoriali-e-sindacali-sulla-sicurezza-al-lavoro-per-emergenza-coronavirus-del-24-aprile-2020.flc),
dalle Organizzazioni Rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, nel
contesto quindi di una dinamica sociale autenticamente dialettica e produttiva
che non ha avuto bisogno dello sciopero.
Il
Governo, infatti, che ha promosso l’accordo, si è impegnato solo a dare massima
applicazione a quanto deciso dagli attori sociali.
E,
per questo, gli Ispettori del Lavoro, la
funzione pubblica di vigilanza sul diritto del lavoro, per la prima volta
nella storia d’Italia, entrerà nelle aziende – con buona pace di Salvini che
come uno sciacallo ha lanciato la fake
news dell’intervento ostile alle aziende - con un mandato specifico di informazione qualificata, diretta ad
agevolare l’applicazione, appunto, non di una legge ma di un accordo sindacale.
Il
mutamento di prospettiva – ingenerato dall’emergenza economica provocata dalla
pandemia – è un concreto esempio di socializzazione della responsabilità, di
attenzione alle dinamiche d’impresa e di storicizzazione dei compiti
istituzionali di vigilanza.
Non
significa questo, infatti, privilegiare l’accompagnamento dell’impresa e del
lavoro in questa difficile fase rispetto alla riattivazione sic et sempliciter dell’apparato
sanzionatorio generale, come se nulla fosse?
Si
tratta, sostanzialmente, a mio parere, di un vero mutamento della gerarchia
delle fonti nel diritto sanzionatorio del lavoro, realizzata – giustamente – attraverso
una riforma emergenziale della vigilanza, diretta all’applicazione di un
Protocollo sindacale, privo delle rigidità proprie della norma statale e
finalizzato ad agevolare una vera ripartenza del lavoro - valore
fondante la Repubblica - senza gravare le imprese, in tale delicata fase, di
controlli di carattere generale e, per ciò, “normali” che non avrebbero davvero senso nell’eccezione
in atto.
L’approccio,
in tal senso, mi sembra davvero avere le caratteristiche liberali proprie di un
diritto mite, figlio delle difficoltà
straordinarie del presente. Altro che Stato etico e totalitario, nemico degli
scioperanti!
E
a studiare bene le carte, inoltre, si scopre che l’estrema sinistra sindacale e
partitica che denuncia tali derive in appelli e manifesti (ovviamente connessa agli opposti/tangenti delle accuse sguaiate della
Destra leghista, paladina interessata delle libertà violate) si batte ottusamente
contro i limiti di buon senso articolati dalla Commissione di Garanzia per l’applicazione del diritto di sciopero nei
servizi pubblici essenziali, posti non contro i lavoratori e i loro
interessi ma per far fronte a quelle sigle minoritarie, non rappresentative e
irresponsabili che – come è accaduto – sono state in grado di indire uno
Sciopero Generale, senza rispetto dei termini di preavviso, senza garanzia delle prestazioni
indispensabili, nel bel mezzo della crisi Covid, con il rischio di
bloccare le attività indispensabili di servizio alla Collettività e in piena
violazione delle norme generali che, giustamente, obbligano di sospendere gli scioperi in caso di avvenimenti
eccezionali di particolare gravità o di calamità naturali.
In
questo contesto, emerge, di contro, la diversa natura dell’appello de Il Manifesto che ha colto, a mio parere,
la radice retriva e sostanzialmente neo
conservatrice degli attacchi strumentali e delle fake news prodotte contro il Governo, scansando la risibile
denuncia di “decisionismo autoritario” prodotta proprio da quelle Destre che,
nelle stesse ore, si complimentavano con l’alleato Orban per la chiusura sine die del parlamento magiaro.
Il Manifesto, così,
ha stigmatizzato quei politici in cerca di visibilità che, dietro il paravento
delle libertà di movimento ridotte, senza alcuna considerazione della tante
“Bergamo” d’Italia fiaccate dalle morti solitarie dei deboli e degli inermi, si
sono esercitati – astrattamente – nel culto di una
precedente “normalità” che si è rivelata, invece, essere parte del problema.
Molte delle difficoltà
che l’Italia ha dovuto affrontare allo scoppio di questa vera e propria “guerra”,
sono dipese, infatti, dallo stato di decadenza del nostro sistema sanitario,
fiaccato dai troppi interventi di ridimensionamento – soprattutto dei servizi
di medicina territoriale – e
dall’esplicazione di una regionalizzazione scoordinata nell’offerta di Salute
che ha ingenerato profonde sperequazioni territoriali.
Lo
spartiacque, dunque, è l’ideologismo, e lungi dall’apologia di un Governo del
quale, invece, sono stati evidenziati giustamente i tanti limiti (la mancata chiarezza comunicativa e l’incertezza normativa in primis) l’appello de Il
Manifesto ha dimostrato, a mio parere, che anche a partire dalla radicalità
dell’approccio politico si possa cogliere, se si abbandona il senso comune per
il buon senso, l’operatività imponente della concretezza e dell’inatteso,
l’urgenza di una prassi che, tutto sommato, non ha portato disonore all’Italia e che, oggi, finalmente, consente
ai lavoratori italiani – nell’accordo
sindacale raggiunto senza scioperi - di entrare in luoghi di lavoro salubri,
sotto l’osservanza attenta dei corpi ispettivi di Stato.
Enzo
Musolino
Nessun commento:
Posta un commento