PRIMUM
VIVERE DEINDE PHILOSOPHARI
La
richiesta di canoni, di codici e codicilli per misurare millimetricamente la
prossimità consentita tra gli individui e l’agognata pretesa di specifiche e casistiche
esasperate in calce ai divieti, come per normare ogni passo possibile
all’esterno delle nostre case (con
cagnolino al guinzaglio o meno), a cosa serve davvero?
Forse,
tento un’analisi, ci si lamenta retoricamente della genericità delle espressioni
e dei termini, si chiede la “misura
legale” della tutela e della paura - magari aggravata da una sanzione
specifica e innovativa (il 650 c.p., si
dice, non basta) - perché, in ultima
analisi, manca la misura del buon senso, la norma della razionalità che
basterebbe davvero a governarci.
E
su questo campo si misurano, a me pare, due estremismi che, come tali, si
tangono nell’eccesso polemico.
Da
una parte, i soliti cattivisti a caccia di untori, di nemici semplici e facili
da additare come origine e causa dei nostri mali: ed ecco, ad esempio, la
ferocia “social” pan-penalistica che vorrebbe
l’esercito in strada pronto a fucilare sul posto il ciclista fuori sede o il
familiare in assistenza al supermercato.
Dall’altra,
gli ineffabili sacerdoti dei sacri testi,
gli astratti azzeccagarbugli che
vorrebbero piegare la concretezza alla propria ideologia salvifica e
rassicurante.
Tra
questi ultimi, alcuni filosofi e giuristi – pochi per fortuna - pronti a battagliare
“sulla carta”, nel senso dello j’accuse
contro l’aggressione alla Costituzione, con il ditino liberale (?) puntato addosso ad un’Autorità (importa davvero di che segno?)
rappresentata sempre pronta alla deriva fascista e autoritaria.
Al
ragionamento dei primi e dei secondi manca, a me sembra evidente, il metro
della complessità, l’articolazione degli strumenti del possibile e del dovuto,
la modulazione degli interventi, una seria e sana cultura dell’equilibrio e del
controllo – che non è moderatismo ma approfondimento della radice delle cose - che
sappia far fronte tanto al becero
sostanzialismo quanto al disincarnato
formalismo.
Per
gli uni, la figura ormai “metafisica” del runner
è il nemico, per gli altri è il cavaliere
della luce e della libertà; per entrambi è il Governo a sbagliare tutto, a
fallire il colpo: o troppo o troppo poco, comunque.
E
questo perché, evidentemente, la ricetta giusta esiste ed è la propria e
apodittica Verità non accolta per insensibilità, ignoranza o peggio.
Entrambi
gli approcci, mi sembra, scontino i riflessi cripto rivoluzionari del mito del “Buon Selvaggio”. Secondo questa categoria rousseauiana, infatti, il cittadino è sempre inerme e buono mentre
è l’Autorità, in fondo, ad essere sempre molesta e corrotta.
È
chiaro, quindi – seguendo tale assunto - che si manifesta evidente, oggi, la volontà
perversa di far infettare il Sud, dietro l’incapacità governativa di arginare l’esodo
dei fratelli/criminali di ritorno a
bordo delle autovetture zeppe di famiglie e di virus; ed è, per altro, il riflesso dispotico dei “potenti” a bypassare Parlamento e le Leggi per
cedere all’arbitrio dei Decreti d’urgenza
e dei Decreti del Presidente del
Consiglio, intesi come provvedimenti fascistissimi.
Ed
invece, il buon senso e la conoscenza della vita e della politica ci dovrebbe far
riflettere sul fatto che il Popolo buono
in sé non esiste come non esiste il Grande
Vecchio e i fantomatici Poteri forti che lucrano sulle disgrazie degli italiani.
Il
Governo ha sbagliato in questa temperie? Certo!
Come
non sbagliarsi nel bel mezzo di una guerra
inattesa e senza precedenti e con un quadro politico complessivamente debole?
Ma
è pur vero che il Diritto non è stato deposto dall’arbitrio, che la
Costituzione regna tutelata dal suo Custode – il Presidente della Repubblica – e che i decreti urgenti fin qui emessi saranno – nei termini ordinari
previsti – oggetto di conversione parlamentare.
Si
poteva fare di più e con più forza in Italia? Certo!
E
con il senno di poi senz’altro, ma gli stessi riflessi psicologici e di
sottovalutazione iniziale li abbiamo visti all’opera in tutti i paesi
occidentali coinvolti, alle prese con le plurime e diverse informazioni
scientifiche (spesso in contrasto tra
loro) e con il pressing e
l’emotività dei vari attori sociali coinvolti.
Il
modello cino-russo, invece, è bene
chiarirlo, in questo è semplice ed efficace: perché la Pravda (la Verità), come è noto, è Una e una soltanto e sicuramente
ben armata!
Privi
di paraocchi ideologici, mi pare si possa affermare, senza isterie e
trionfalismi ingenui, che il Paese sta dando buona prova di sé. Certo, tanti
limiti e tanti errori nel passato (il
Servizio Sanitario spezzettato nel fallimento del regionalismo inefficiente; l’assurdità
dei soldi buttati al macero per Reddito di Cittadinanza e quota 100) ma, complessivamente,
nell’emergenza, le Istituzioni, tutti insieme - lo Stato Apparato e lo Stato Comunità - sembrano tenere, non peggio almeno degli altri
Paesi civili: e le scene dei malati di Covid
stesi a terra morenti nei corridoi ospedalieri li abbiamo visti a Madrid e
non a Milano.
C’è
chi grida e chi si indigna è ovvio - e probabilmente è fisiologico e giusto -
ma c’è anche chi, nel chiuso della propria coscienza, ringrazia Dio di non aver
avuto responsabilità di Governo in questa fase per poter - come da mestiere e
carattere - criticare aspramente, per fini elettorali, su quanto fatto e non
fatto dagli altri.
A
quei giuristi e a quei filosofi assisi nella sfera celeste – e intangibile – dell’Accademia eterna professorale e ai Soloni moderni poveri di prudenza e ricchi
di saccenteria, che dire?
Che
è stata l’Eccezione imprevista e irruente ad aver deposto la Normalità – il fatto bruto e non la Politica – ed è
la decisione sull’eccezione a salvare e a ristabilire, dopo aver sospeso oggi
la Norma, il Sistema, domani.
Ed
ancora, che la “nuda vita” non è un orpello ideologico per fare bio-politica stantia, ma è la carne
dei sofferenti che non merita di essere sfottuta, derisa e svilita sull’altare
della vita spirituale libera e non umiliata dall’Autorità infausta, e ciò perché
senza la prima, senza la vita, la salute,
la sopravvivenza della carne al male, non ci può essere il Culto del bene e
del meglio.
Primum vivere deinde philosophari,
sentenziò qualcuno tra i latini e, poi, Hobbes … e non a torto!
Enzo
Musolino
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