domenica 19 ottobre 2008

"Sulla Rivoluzione" di Hannah Arendt, i concetti fondamentali

con l’esperienza delle rivoluzioni americana e francese, il significato originario di “rivoluzione” viene abbandonato e si riforma il lessico politico. La rivoluzione non è più l’espressione di un moto rotatorio ciclico (come quello degli astri) che restaura le istituzioni politiche conformandole all’originaria purezza, ma diviene movimento irresistibile connotato da novità e violenza.

la rivoluzione americana fu il frutto più coerente dell’illuminismo filosofico in quanto la rivoluzione americana si basava sul valore della libertà d’agire degli uomini. La rivoluzione francese, invece, fu sconvolta dall’evidenza della povertà che dilaniava la Francia e fu scossa da eventi incontrollabili (la furia del popolo in primis) che spazzarono via gli stessi protagonisti. La rivoluzione americana, in sintesi, fu il frutto della libertà mentre la rivoluzione francese fu il frutto di una forza anonima ed irresistibile impossibile da imbrigliare una volta scatenata, e da questa esperienza si aprì la strada nell’800 al culto della Storia e soprattutto della necessità storica.


la rivoluzione francese, con la sua forza travolgente ed ingovernabile attraverso gli strumenti politici del costituzionalismo, influenzò la filosofia di Hegel ed in ultima analisi la definizione della nuova categoria di “necessità storica”; la filosofia divenne filosofia della storia e l’individuo non fu più, come nell’illuminismo, l’attore storico ma divenne il semplice spettatore di vicende molto più grandi di lui. In questo modo, con il passaggio dall’illuminismo della rivoluzione americana allo storicismo della rivoluzione francese, la NECESSITA’ STORICA e non più la LIBERTA’ POLITICA divenne la categoria principale del pensiero politico rivoluzionario, almeno fino alla rivoluzione d’Ottobre (la ririvoluzione bolscevica russa).

i rivoluzionari francesi, inizialmente impegnati nel definire la costituzione politica del nuovo Stato (così come avvenne in America), furono travolti dalla questione sociale, cioè dalla povertà atavica che affamava il popolo di Francia tiranneggiato per secoli dai suoi nobili (in America ciò non avvenne perché la povertà non era povertà di massa come in Europa e il popolo americano era un popolo di piccoli proprietari liberi dalla povertà che agognavano libertà politica) e, così, l’istanza giustizialistica s’impossesso della rivoluzione francese il cui compito divenne quello di dare pane ai poveri ma soprattutto quello di fare giustizia dei tiranni e di scovare i traditori. La necessità di procedere alla formazione di uno stato costituzionale, di una repubblica governata da leggi certe e condivise, cedette il passo alla necessità di venire incontro alle istanze sociali e di vendetta del popolo; si dimenticò il concetto politico del consenso e della rappresentanza politica per accogliere la categoria della Volontà Generale del popolo che in quanto tale, cioè in quanto popolo povero e sfuttato, diveniva portatore di valori superiori e depositario della Verità. In questo quadro le istituzioni politiche, cioè le costruzioni metafisiche ed astratte dove i conflitti politici trovano soluzione nella mediazione come nell’AGORA’ greca, vengono considerate astrazioni fittizie dove si nasconde la corruzione e l’interesse particolare del singolo. L’egoismo individuale venne considerato come il virus malvagio che distrugge la società. Il mondo prepolitico, presociale, naturale, (secondo l’insegnamento di ROUSSEAU) apparve ai francesi come un eden perduto dove dominava la bontà e la virtù mentre il mondo civile, imbrigliato nelle istituzioni politiche, apparve il regno della corruzione e del vizio. I padri costituenti americani, invece, furono consapevoli del fatto che solo in un quadro sociale governato dalla legge, ossia dall’istituzione politica condivisa, è possibile lo sviluppo della virtù pubblica e della libertà. Da quanto detto sembra che gli americani adottino l’insegnamento di Hobbes sulla necessità di devolvere i diritti naturali al Leviatano per vederseli restituire sottoforma di diritti civili garantiti e tutelabili.

la rivoluzione francese, presa dall’ingente problema della questione sociale, si disinteresso gradatamente delle forme di governo (e della realizzazione della libertà politica) per affrontare il problema della povertà ma non con gli strumenti della tecnica ma con gli strumenti politici della violenza e della vendetta e così dimenticarono il vero scopo di ogni rivoluzione di successo: “L’instaurazione della libertà” e, così, piano piano persero la rivoluzione.


la forma di governo instaurata ad Atene fu in definitiva una ISONOMIA, cioè un sistema di non-governo (nel senso di confusione voluta ed auspicata tra governanti e governati) dove non esisteva differenza tra governanti e governati. Le tre principali forme di governo: monarchia, oligarchia e democrazia sono conosciute dagli ateniesi che ne individuano le possibili degenerazioni. L’ISONOMIA si fonda sull’ appartenenza ad una cittadinanza, ad una cosa pubblica. La libertà e l’uguaglianza non sono caratteri naturali dell’uomo (che nello stato di natura non è né libero né uguale) ma sono il frutto civile dell’appartenenza ad una comunità politica, ad una costruzione artificiale fondata sulle leggi: la POLIS; quindi i greci conoscevano bene l’importanza delle istituzioni politiche e dello spazio politico (L’AGORA’) come elementi necessari per la fondazione della libertà e della giustizia.

la questione sociale secondo la ARENDT va affrontata con gli strumenti asettici della tecnica e non attraverso metodi politici ed ideologici come invece hanno tentato di fare prima i rivoluzionari francesi e poi i rivoluzionari marxisti. L’ARENDT apprezza il primo Lenin che spiega le finalità della rivoluzione d’Ottobre con la frase “elettrificazione più soviet”, cioè Lenin vuole dire che il problema sociale verrà risolto con uno strumento tecnico cioè l’elettrificazione (il progresso tecnico asettico) mentre la libertà verrà instaurata con lo strumento politico di una nuova organizzazione sociale della partecipazione e del consenso : il soviet (i soviet amore erano delle comunità di lavoratori autoorganizzate senza capi e costituirono nella prima fase della rivoluzione russa il nucleo del potere rivoluzionario autenticamente democratico e partecipativo). In tal modo il primo Lenin sconfessa Marx e separa l’economia dalla politica, l’instaurazione della libertà dalla questione sociale. Peraltro anche il rivoluzionario americano Jefferson parla di soviet, o meglio di TOWN SCHIPS, ossia di repubbliche elementari, di consigli partecipativi.

la teoria politica ottocentesca e novecentesca è stata asservita al rivoluzionarismo francese e concepì tutte le rivoluzioni come movimento di popolo per liberarsi dalla fame (questione sociale) ma l’esperienza insegna che questo incipit rivoluzionario se non convogliato da un’attenta istituzionalizzazione e costituzionalizzazione del potere porta al fallimento e alla dittatura. Se non si è in grado di costruire gli argini politici dove convogliare le diverse istanze politiche si rischia di degenerare nel terrore e nell’anarchia. L’incipit della rivoluzione non deve essere sociale ma politico, la rivoluzione deve mirare alla instaurazione della libertà politica individuale e sociale attraverso la proposizione di nuove forme di governo della Polis. Così avvenne in America.


Robespierre fu travolto dalla questione sociale, dalla Pietà per una moltitudine indefinita che soffriva la fame e che scaldava il cuore avido di sentimenti dei rivoluzionari. La “pietà di massa” impedì ai rivoluzionari di guardare alle persone come individui e si perse il concetto di specificità individuale per perdersi nell’amore o nell’odio di massa. Di fronte alla povertà di tutto un popolo ogni istituzione parve senza valore ed ingiusta. La virtù pubblica trovò la sua fonte non nella libertà politica ma nella sofferenza e nella povertà. Solo il povero è buono, solo il povero è giusto. Proprio perché la virtù dei rivoluzionari è fondata sul valore della povertà e sull’ingiustizia atavica dei pochi sui molti, non si poteva porre limite all’agire pur crudele del popolo mosso dalla volontà generale. Con la rivoluzione francese, la questione sociale ed economica entrò di prepotenza nella agenda politica statuale ma non trovò sfogo e liberazione nei processi formali delle deliberazioni politiche e degli scontri dialettici; i rivoluzionari invece di proporre una via tecnica ed economica per affrontare il problema senza affondare il valore della imparzialità e pacificità delle istituzioni politiche, spalancarono, abbattendole, le porte del politico al problema sociale e ne fu sommersa la casa comune, e solo la violenza sembrò la strada giusta per dare un po’ di sfogo al popolo. I padri fondatori americani, invece, lontani dall’evidenza della povertà più becera che popolava il vecchio continente, rimasero uomini di “principi e di azioni” e non furono presi alla gola dal magone crudele della Pietà. La ragione, in loro, si mantenne forte e scettica, non persero il buon senso e non si lasciarono andare all’utopia che l’Uomo da peccatore fosse diventato un angelo.

nella Francia rivoluzionaria la Pietà, ossia la virtù pubblica fondata sui sentimenti del cuore, porta Robespierre alla consapevolezza della “apparenza di ogni mediazione politica” al timore per l’ipocrisia; gli ipocriti divennero nemici della rivoluzione e il sospetto divenne la regola.


il terrore andava alla ricerca di traditori e di ipocriti, in quanto gli stessi “rivoluzionari del cuore” paventavano di scovare l’ipocrisia dentro se stessi. I potenti rivoluzionari, abituati alla retorica dell’incorruttibilità per aizzare le masse, intuivano la propria ipocrisia ed erano pronti a sospettarla dietro la maschera di chiunque altro. Diverso è il caso della rivoluzione d’Ottobre dove i processi contro gli ipocriti ai traditori si fecero più ideologici e meno sentimentali.

I rivoluzionari francesi succubi della pietà e della compassione che scaturiva dall’irrompere della questione sociale fondarono su questa la Virtù rivoluzionaria e non sulla fondazione della libertà attraverso le forme politiche e le leggi. Per Robespierre non c’è limite alla virtù rivoluzionaria, non ci sono diritti o leggi che possono arginare la Volontà del Popolo. Ai rivoluzionari francesi sembrò da pazzi applicare le stesse leggi a coloro che dormivano nei palazzi e a coloro che dormivano sotto i ponti, le forme legali apparvero prive di senso, esse hanno senso solo nel benessere della società.


in breve possiamo dire che secondo la ARENDT la rivoluzione francese fallì quando si passò dalla ricerca della migliore forma di governo possibile per instaurare la libertà politica alla consapevolezza della bontà intrinseca e generale di un’intera classe sociale: i poveri, i maledetti….. si abbandonò la REPUBBLICA per il POPULISMO.

la vera differenza tra i rivoluzionari americani ed i francesi è che i primi volevano fondare la libertà sulle istituzioni e sulle leggi mentre i secondi volevano liberare il popolo dal bisogno. I primi non permisero a nessuno di violare i diritti civili, i secondi, spinti dalla pietà e dalla vendetta, sancirono il principio secondo il quale tutto è permesso se è nel senso della rivoluzione.


i rivoluzionari americani conservarono ed applicarono il principio liberale della dialettica interna al popolo che non veniva considerato un’unità indistinta mosso dalla fantomatica Volontà Generale. Il popolo era solo una pluralità di voci e di interessi che doveva trovare argine e regole per proliferare all’interno di un sistema costituzionale. In Francia questo tipo di consapevolezza non poteva radicarsi, in quanto il popolo francese aveva in effetti una sola voce… era la voce bestiale che gridava:--- PANE!.... PANE…!.

“i diritti dell’uomo” della rivoluzione francese sono diritti prepolitici, diritti naturali che preesistono a qualsiasi costruzione statuale… appartengono all’uomo in quanto tale… appartengono alla natura umana e su questa sono fondate non sulla cittadinanza, ossia sull’appartenenza alla Polis. I “bill of rights” americani, invece, presuppongono l’esistenza dello stato che attraverso la sua funzione regolatrice e di controllo fonda i diritti civili degli individui e li tutela. L’uomo è libero in quanto è cittadino di uno stato libero. Per i francesi i diritti naturali fondano lo stato e ne costituiscono il fine, per gli americani i diritti naturali in quanto tali non hanno valore in quanto necessitano dell’istituzione politica che li riconosca, li trasformi in diritti civili e li tuteli erga omnes…….. è l’eterno scontro tra Rousseau e Hobbes.


Il prodotto più importante della rivoluzione americana fu la costituzione intesa quale “costitutio libertatis”. Nella costituzione americana viene sancito un diritto: quello alla ricerca della felicità. Sin da subito questo diritto venne inteso come diritto alla felicità individuale, come diritto alla soddisfazione delle passioni personali, ma secondo la Arendt la volontà vera dei costituenti americani era di stigmatizzare il diritto alla ricerca della “felicità pubblica” intesa nel senso della passione civile degli individui alla partecipazione al governo della Cosa Pubblica. La felicità pubblica è la felicità di dire la propria e di contribuire con le parole e le azioni al progresso della repubblica nell’ambito di leggi ed istituzioni condivise. Lo scopo della rivoluzione americana fu senz’altro quello di creare istituzioni e leggi in grado di difendere gli interessi individuali dal potere pubblico (ciò nell’ottica del liberalismo classico di Locke) ma soprattutto lo scopo dimenticato e forse tradito della rivoluzione americana era quello di favorire, disciplinare, diffondere la partecipazione di tutti alla gestione della Cosa Pubblica proprio nell’ottica della Felicità Pubblica. L’individuo nel post-rivoluzione americano ha avuto la meglio sul cittadino.

lo scopo delle ribellioni (pensiamo alla schiavitù) è la liberazione; lo scopo delle rivoluzioni è, invece, l’instaurazione della libertà pubblica; da quando questo scopo si è dimenticato (e lo si è dimenticato a partire dalla rivoluzione francese) le rivoluzioni hanno cominciato a fallire. La ribellione è la lotta naturale di chi è schiavo delle spine del comando e delle necessità fisiche… solo quando l’uomo si libera da queste catene (attraverso la ribellione e il progresso tecnico, scientifico e sociale) potrà regolare con il diritto l’ingresso suo e degli altri nella vita pubblica e nelle nuove istituzioni rivoluzionarie.


i rivoluzionari francesi credettero di aver concluso il loro compito con il Terrore e con la dichiarazione dei diritti dell’uomo. In questa dichiarazione i francesi dicono che i diritti naturali dell’uomo precedono qualsiasi costruzione statuale e che i diritti naturali fondano lo stato e che i diritti naturali sono l’argine contro il potere statuale da chiunque detenuto. Questo è vero e buono ma non è conclusivo; infatti scopo di una rivoluzione non è solo distruggere gli apparati di potere, non è sostituire un potere arbitrario e crudele con l’impotenza, non è svilire le istituzioni civili sottoponendole al giudizio impietoso dei diritti naturali, compito delle rivoluzioni è fondare un nuovo potere, è la costitutio libertatisi cioè la creazione di nuove istituzioni, di nuovi poteri che fondino una nuova cittadinanza, una nuova AGORA’ pubblica dove i diversi interessi e le diverse volontà trovino una sintesi dialettica e all’interno della quale i diritti naturali possano trovare protezione civile.

Nessun commento: